La storia del Moretto

Più nero della pece e del carbone
Passeggia un bel moretto sul bastione,

E si ripara, con l’ombrello rosso,
Dal sole ardente che l’avea percosso.

Ed ecco correr verso lui con fretta
Gigino che ha in sua man la bandieretta,

E Gaspare lo segue assai dappresso
Spingendo il cerchio e saltellando anch’esso.

Poi vien Guglielmo dalla gamba snella
Brandendo nella mano una ciambella.

E gridan tutti e tre: «Ma questo è un mostro
Che è tinto col carbone o con l’inchiostro».

Ma il maestro Nicolò
Vide il caso e s’indignò.

Preso il grande calamaio,
Uscì e disse: «A questo guaio

Io porrò rimedio e tosto.
O fanciulli, al vostro posto!

Non seccate quel moretto.
Ma che colpa ha il poveretto,

Se la pelle scura, scura
Ei sortì dalla natura?»

Ma nessun si dà pensiero
Del rimprovero severo,

E persiste quel terzetto
A deridere il moretto,

E al maestro Nicolò,
Che stupito li guardò,

E terribile divenne
Essi gridano: «Vattenne!»

Allor disse Nicolò:
«Ben pentire io vi farò!»

E distese i suoi braccioni
E raggiunse i tre burloni,

Gasparino con Gigino
E Guglielmo il birichino.

Dei due primi egli fa un paio
Da tuffar nel calamaio.

E a Guglielmo spaventato,
Che, sentendosi acchiappato,

Grida: «Aiuto, al foco, al foco!»
«Ti diverte questo gioco?»

Chiede il grande Nicolò,
E con gli altri lo tuffò!

Quando poi li trasse fuore
Tutti e tre metteano orrore.

Oh, come neri diventar costoro,
Assai più neri del leggiadro moro!

Il moro se ne va con l’ombrellino
E i tre monelli il seguon da vicino.

Se non fossero stati sì sventati
Il gran maestro non li avria tuffati

Del calamaio nell’immondo bagno.
Hanno fatto davvero un bel guadagno!

Tratto da “Pierino Porcospino” di Heinrich Hoffmann

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