La storia di Filippo che si dondola

«Ma vuoi proprio ch’io perda la speranza
Di vederti tranquillo or che si pranza?»
Dice a Filippo il padre corrucciato,
A Filippo nel mal sempre ostinato.
La mamma intanto gira l’occhialetto
A guardar le vivande sul deschetto.
Ma quel fanciullo non si dà pensiero
Del rimbrotto severo,
E scalpita e tempesta,
Grida, saltella, pesta
I pugni sulla tavola, si dondola
Sovra il sedile e ciondola
Prendendo la tovaglia. «Oh, che stordito,
Gli dice il babbo, a lui puntando il dito,
Non dubitare che sarai punito!»

Ma al babbo non dà ascolto,
E la tovaglia tira,
E ad oscillar s’ostina,
Imprevidente e stolto.
Ecco cade la sedia e capovolto
Sen va Filippo. Oh, che spavento, oh, mira
Che orribile rovina!
Filippo, nel cader, con sè trascina
La tovaglia coi piatti, le stoviglie,
Le salse, le vivande, le bottiglie.
Egli giace piangendo
Sotto la mole del disastro orrendo,
Che contempla, girando l’occhialetto,
La mamma cui il cor si schianta in petto!

Ohimè, che al suol caduto,
Tutto il pranzo è perduto!
Ahi, son spezzati i piatti,
E alla mensa dei gatti
I bocconcin squisiti
Or saranno imbanditi.
Si guardano l’un l’altro i genitori,
In quel fiero frangente,
Ma non dicono niente:
Troppo cruccia i lor cuori
Il pensiero del figlio sciagurato
Che li condanna a un digiunar forzato.

Tratto da “Pierino Porcospino” di Heinrich Hoffmann

I commenti sono chiusi.